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ROMA – TUTTO RUOTA INTORNO AL MES. RIMANERE IN EUROPA SERVE ANCORA?

Lo strumento finanziario ha un suo costo che non è solo in termini economici, soprattutto in termini politici. C'è chi mette in dubbio la stessa permanenza dell'Italia nell'UE e forse non sbaglia.

Roma- Matteo Renzi in occasione della presentazione de “La mossa del cavallo”, tenutasi a San Benedetto del Tronto, ha dichiarato apertamente che il Mes è l’antidoto alla patrimoniale. Subito dopo, il leader di Italia Viva, ha strizzato l’occhio a Berlusconi, affermando che chi vuole bene al Paese dice sì al Mes. In realtà il dibattito intorno al piano d’aiuto sembra tutt’altro che concluso. Anche all’interno dello stesso governo le discrepanze appaiono sempre più profonde. In occasione della votazione di un atto delegato proposto dalla Commissione al fine di inserire le spese sanitarie nei requisiti per il Mes, è emersa la distanza tra le posizioni delle due forze di maggioranze. Il Pd, dal forte animo europeista, ha votato a favore mentre il Movimento 5 Stelle si è schierato con la Lega votando contro l’atto. Per i giallo-verdi la posizione al riguardo dell’Europa continua a mostrarsi estremamente ambivalente con decise virate in tutte le direzione a seconda del sentimento espresso dall’opinione pubblica.

L’ex premier Matteo Renzi

Subito dopo il voto il pentastellato Piernicola Pedicini ha sottolineato come la posizione del Movimento rispetto al meccanismo finanziario in realtà non è cambiata ma, per come è stato presentato attualmente, il Mes risulta essere uno strumento inadeguato. Intanto il dibattito tra europeisti ed euroscettici si diffonde in ogni comparto nazionale, contrapponendo sul tema anche molti economisti di fama mondiale. Uno dei più accreditati docenti italiani all’estero, Emanuele Brancaccio, è da poco intervenuto sulle frequenze di Radio Popolare per tentare di smascherare le trappole che il piano d’aiuti straordinario celerebbe.

Emanuele Brancaccio

L’economista

“…Non è detto che il Mes rappresenti un affare vantaggioso…”. Ha esordito il docente dell’Università del Sannio.

“… I sostenitori del Mes – ha dichiarato Brancaccio – sono convinti che questo meccanismo offra credito a tassi inferiori a quelli di mercato e che quindi consentirebbe di risparmiare 500 milioni all’anno sulla spesa per interessi. Bisogna ricordare però che il Mes è creditore privilegiato rispetto agli altri e che quindi accettare i suoi prestiti significa lanciare al mercato un segnale sul carattere subordinato della parte restante del debito pubblico. E questo può alzare i tassi d’interesse sui restanti titoli di Stato. In sostanza basta un aumento sul tasso d’interesse sulla restante parte del debito di appena 0,05 punti percentuali per annullare in pochi anni i presunti vantaggi economici del Mes…”

Il professore dopo aver introdotto la questione economica, si è soffermato ad analizzare quelle che potrebbero essere le sue conseguenze politiche:

“…Per la sua anomala configurazione istituzione – ha continuato il docente – il Mes dovrebbe fare paura più agli europeisti. Il meccanismo economico nasce su una ipocrisia di fondo dei trattati: quella per cui la Bce non dovrebbe finanziare direttamente gli stati membri, ma utilizzare un cuscinetto istituzionale. Il problema è che al dispetto di quanto recita il nome, questa misura garantisce la stabilità, ma l’stabilità. Il fatto è si tratta di un accordo intergovernativo del tutto estraneo ai trattati comunitari, e che per statuto è fondato sul punto di vista del solo creditore. Questo vuol dire che al contrario delle Istituzioni dell’Unione, che devono tutelare il punto di vista di ogni Stato membro (debitore o creditore che sia), il Mes non deve assolvere a nessun ruolo rappresentativo, ma al contrario deve statutariamente assumere le parti dei creditori. Se esiste una lezione di keynesiana che resta tutt’ora resta valida, e che quanto meno dovrebbe fare da monito, è che se l’assetto istituzionale privilegia il creditore si creano i presupposti per la deflazione da debiti. Ovvero che la crisi invece di risolversi si aggrava, perché i debitori alla fine risultano insolventi. Sta qui l’elemento di destabilizzazione, e questo dovrebbe preoccupare più gli europeisti che i sovranisti…”.

L’Europa attende e batte di cassa.

L’Italexit

Nel frattempo il premier Conte sembra prendere tempo, recitando intorno al Piano un ruolo da mediatore che prima o poi sarà costretto ad abbandonare per prendere posizione. “…E’ legittimo – ha dichiarato Conte – in questo momento aprire un dibattito pubblico e esprimere le varie sensibilità. Ci sarà un momento in cui avremo completato il negoziato europeo e allora formuleremo tutte le valutazioni…”.

Il dibattito intorno al Mes e la contemporanea caduta del Pil nazionale, sembrano aprire una fase in cui il discorso riguardante la permanenza o meno all’interno dell’Ue diventerà centrale. Bisognerà capire ora se la maggioranza sarà in grado di mantenere solida la direzione politica o se al contrario la trasversalità del fronte sovranista colpirà al cuore lo stesso esecutivo.

 

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