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RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI: VANTAGGIOSO PER CHI?

Il taglio degli onorevoli comporterebbe un minimo risparmio delle spese erariali e determinerebbe un sensibile deficit di rappresentanza e di democrazia.

Ormai è quasi sicuro: la legge costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari sarà sottoposta a referendum popolare approvativo. Toccherà ai cittadini italiani la decisione definitiva.

L’art. 138 della nostra Costituzione prevede infatti che, se nella seconda votazione alla Camera ed al Senato il disegno di legge non viene approvato dalla maggioranza qualificata dei due terzi, entro tre mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, un quinto dei membri di una camera, cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali possono chiedere l’indizione di un referendum popolare (senza quorum di partecipazione per la sua validità, a differenza di quanto avviene per quello abrogativo).

Così è stato: sessantaquattro senatori hanno firmato per avere il referendum, con il patrocinio dalla Fondazione Einaudi. Il 12 gennaio scadranno i termini per la presentazione delle firme in Cassazione, ma, salvo colpi di scena, la decisione sulla riduzione dei parlamentari passerà attraverso il voto popolare. Ne deriva che se a gennaio o a febbraio ci fosse una crisi di governo, si andrebbe a votare con le vecchie regole, a meno di attendere l’esito della consultazione con la nomina di un apposito governo “ponte” o “di scopo”.

La riduzione del numero dei parlamentari (i deputati passerebbero da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200) è da sempre uno dei cavalli di battaglia del Movimento Cinquestelle, che si propone di tagliare le spese inutili e di abolire i vecchi privilegi.

Se però analizziamo la riforma in questione, sembra necessario sollevare più di un dubbio: il taglio di 315 parlamentari comporterebbe un risparmio delle spese erariali veramente minimo e determinerebbe, invece, un deficit di rappresentanza e di democrazia piuttosto sensibile.

Piccole regioni, come la Liguria e l’Umbria, rischierebbero di essere scarsamente rappresentate a Roma, per non dire di parti del territorio italiano (anche all’ interno di grandi regioni) che non sarebbero più in grado di far ascoltare la loro voce nella Capitale. Del resto il numero dei parlamentari era stato deciso nel 1946 in proporzione alla popolazione dell’epoca, che da allora è però molto cresciuta.

Il progetto dei Cinquestelle ha un sapore fortemente demagogico, anche perché quando si è trattato di tagliare gli stipendi di 315 senatori, con la riforma Renzi/Boschi, i pentastellati hanno votato no, accreditando il dubbio legittimo che il taglio delle spese piaccia ai Grillini esclusivamente quando sono loro a proporlo.

Le spese inutili sono purtroppo altre e più onerose, dalle pensioni d’oro agli stipendi dei consiglieri regionali, che non si sono certi distinti per onestà ed integrità in materia di rimborsi elettorali, come hanno dimostrato le decine di procedimenti penali instaurati a loro carico.

La riduzione dei parlamentari non è la panacea di tutti i mali, quando invece servirebbe di più un parlamento monocamerale oppure l’abolizione del bicameralismo perfetto con la trasformazione del Senato in una camera federale che rappresenti gli interessi delle varie regioni. Come peraltro era stato previsto, con dei distinguo, dalla riforma costituzionale del Governo Berlusconi nel 2006 e da quella Renzi/Boschi nel 2016.

Il nostro Paese non ha bisogno di provvedimenti demagogici come il reddito di cittadinanza, che aumentano il debito finanziando e sostenendo indirettamente il lavoro nero, ma di riforme vere che invece continuano a latitare oppure vengono bocciate per la miopia della nostra classe dirigente le rare volte che vengono proposte.

Piuttosto che ridurre il numero dei parlamentari sarebbe opportuno allora eliminare quei privilegi eccessivi di cui beneficiano gli stessi deputati e senatori: dalla possibilità di ottenere mutui e prestiti con tassi agevolatissimi, al diritto di viaggiare gratis su treni e aerei anche terminato il loro mandato ecc. Non verrebbe certo risanato così il nostro bilancio, ma quantomeno si darebbe il buon esempio.

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